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I Sassi del Montefeltro

I Sassi del Montefeltro

Nella nostra Regione ci sono luoghi quasi sempre visibili, sia per la loro posizione, sia perché emergono isolati. I Sassi Simone e Simoncello fanno parte di questi.

La geologia

I Sassi del Montefeltro

I Sassi Simone e Simoncello sono due massi tabulari posti tra i bacini dei fiumi Marecchia e Foglia, in prossimità di Monte Carpegna (Cartina generale). Dal punto di vista geologico sono formati da calcareniti (roccia detritica formata da granuli di calcare) della Formazione di San Marino e di Monte Fumaiolo, appartenenti alla cosiddetta Coltre della Valmarecchia, la cui genesi è di grande interesse scientifico e rende unica quest’area.

Fig. 1 – Panoramica sui Sassi Simone e Simoncello

Nel Miocene, circa 12 milioni di anni fa, durante la formazione della catena appenninica, i sedimenti marini provenienti da aree tirreniche, Liguria e Toscana, si accavallarono in estese falde sui terreni della Successione Umbro-marchigiana locale, producendo una caotica sovrapposizione di rocce differenti. La Coltre è formata prevalentemente da terreni argilloso-marnosi plastici (Argille varicolori) e ingloba blocchi più compatti, calcarei, calcareo-marnosi e arenacei, delle più svariate dimensioni: da pochi metri a interi rilievi come Monte Carpegna e i Sassi Simone e Simoncello. Quando nel Quaternario questi terreni cominciarono ad affiorare dal mare, il paesaggio che si veniva a formare veniva modellato anche a causa degli eventi climatici che si intervallavano. Grazie alle morfologie relitte che si ritrovano frequentemente, si riesce a comprendere l’evoluzione di questo territorio. Durante le fasi fredde relative alla penultima glaciazione, circa 150 mila anni fa, i Sassi appartenevano ancora ad un unico rilievo molto più esteso che si sviluppava ben oltre gli attuali confini dei due massi. L’azione del gelo e disgelo sulle rocce già fortemente fratturate, ha provocato il distaccarsi di blocchi dalle scarpate originarie; i massi caduti venivano allontanati anche per lunghe distanze sulle morbide argille sottostanti, trasportati dalle acque dilavanti e nivali o da processi di soliflusso, lungo una estesa superficie chiamata “pediment”. Successivamente il clima si è modificato diventando più mite e piovoso, i corsi d’acqua hanno ripreso energia e l’erosione ha smantellato il pediment che si è conservato solo in lembi relitti. Le testimonianze della sua esistenza sono da ricercare in quei blocchi che ancora oggi si osservano nelle creste, distanziati dalle rupi e separati da profondi fossi (Fig. 2).

Fig. 2 – Panoramica del Sasso Simone e lembi di pediment preservato con i massi trasportati.

Alle fasi fredde si alternarono condizioni climatiche più calde che favorirono lo sviluppo dell’idrografia superficiale. Molti dei detriti provenienti dalle scarpate si rinvengono attualmente all’interno delle colate argillose confinate nelle vallecole (Fig. 3).

Fig. 3 – Colata detritica alla base della scarpata del Sasso Simone

Attualmente la sommità piatta del Sasso Simone è interrotta da profonde fratture ben visibili in superficie. La percolazione delle acque ha allargato le spaccature producendo caratteristiche trincee allineate e zone depresse che costituiscono elementi di grande instabilità per l’intero rilievo (Fig. 4). Nella piana sommitale del Sasso Simone sono tuttora conservate le tracce dell’impianto urbanistico di un’antica cittadella medicea voluta da Cosimo dei Medici nel 1566 e completamente smantellata nel 1673: la Città del Sole.

Fig. 4 – Superficie sommitale del Sasso Simone

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